Sunday, March 19, 2006

IL DECLINO DELL'ITALIA

CIAO

il declino del nostro paese è indubbio, basta guardare il tasso di sviluppo di questi ultimi anni che è meno della metà rispetto alla media europea, il quale a sua volta è la metà di quello americano che è la metà di quello cinese.

Ancora più preoccupante, dato che viviamo di esportazioni, è il peso del nostro paese nel commercio mondiale e nell'esportazione dimezzato da quasi il 5% a meno del 3%.

Berlusconi è solo l'ultimo colpevole di questa situazione.
Lo dico essendo antiberlusconiano, per onestà e obiettività.

La crisi italiana va molto più indietro, ai tempi della DC e di Craxi.
I tempi in cui l'Italia accumulava il debito spaventoso che ci troviamo addosso e che ci penalizza ora, domani e dopodomani.

L'Italia parte, rispetto ai propri concorrenti, con un handicap pesante: un debito che si mangia in interessi, ma anche in fiducia ,una parte consistente delle nostre risorse mentre gli altri le possono impiegare in investimenti e sviluppo.

Inoltre la scelta di rinunciare al nucleare ci rende dipendenti come nessun altro del petrolio e gas d'importazione e rende troppo alto il costo dell'energia e quindi dei nostri prodotti che incamerano anche questo costo importante.

Terzo handicap, forse il peggiore, è l'aver rinunciato ai settori ad alta tecnologia ed a trovarci non più in concorrenza con Germania, Giappone e USA, che hanno continuato in quella direzione e sono quasi inattaccabili ma con la Cina e gli altri paesi emergenti che ci battono con il loro basso costo del lavoro quando si mettono a produrre le nostre stesse cose.

Quarto punto a nostro sfavore è la dimensione piccola delle nostre aziende che sono nanerottole in campo internazionale anche dinanzi alle svizzere ed olandesi, dimostrando pertanto che non è una questione di dimensione del paese, ma di capacità di organizzarsi per un mercato globale.

Solo grosse compagnie possono competere in un mercato globale per le economie di scala e per la ricerca che richiede alti investimenti non possibili a piccole aziende.

Quinto svantaggio è la moneta forte, l'Euro che rende le nostre merci poco convenienti e care e l'impossibilità a svalutare la moneta nazionale quando si perde in competitività.

L'Euro però ci ha protetto da alti interessi, fatali per il nostro debito pubblico.

Ora non è più possibile lasciar andare la lira per esportare di più.

Sesto handicap è la scarsa connessione tra lo Stato, la scuola e le imprese.

All'estero i paesi concorrenti legano queste componenti e fanno sistema.
Da noi si studiano materie e si frequentano corsi universitari che non hanno sbocchi nel mercato del lavoro mentre non incoraggiamo lo studio delle materie tecniche e scientifiche che fanno la differenza.

ComE se tutto ciò non bastasse l'Europa cieca ha spalancato le porte ai prodotti cinesi e dei paesi emergenti mettendo le nostre industrie a rischio di chiusura, come sta succedendo dappertutto.

Infine incombe un altro pericolo che ci danneggerà ulteriormente: la prevista salita dei tassi di interesse che rendono gli investimenti più cari, ma che mettono in crisi paesi come il nostro che dovrà accantonare somme più cospicue per pagare gli interessi sul debito pubblico, rinunciando a impieghi più produttivi per il paese.

Non si vede come si possa uscire da questo stato di cose in cui ci siamo infilati da decenni e che sta venendo alla luce solo adesso e che si farà sentire sempre più.

Prodi potrà solo cercare di attenuare questa crisi, ma è troppo difficile, quasi impossibile riuscirci se non dopo molti anni di sacrifici, programmazione e riconversione.

Berlusconi ha la colpa di non averci neanche provato e di aver congelato tutto, come se il problema non esistesse, perchè ha pensato solo ai suoi problemi e li ha risolti alla grande.

Se fossi al posto di Prodi cercherei soprattutto di ricavare risorse da una lotta spietata all'evasione fiscale e di impiegare queste risorse per aiutare le aziende nostrane, per la scuola, la ricerca e l'indirizzo della nostra produzione verso i settori migliori della nostra produzione per renderli sempre più forti e agguerriti, abbandonando del tutto quelli in cui non abbiamo più possibilità.

Punterei molto sulla produzione del lusso, della moda e dei prodotti alimentari di qualità che sono i settori in cui siamo più bravi che vanno protetti ed assistiti prima di perdere anche in questo campo e del turismo d'arte dato che possediamo il 50% dell'arte mondiale, gran parte lasciata a marcire nelle cantine o in preda allo smog.

Piuttosto che pensare alla settima potenza mondiale, posizione che perderemo molto presto, dovremmo pensare che siamo un piccolo paese di 60 milioni di persone, meno dell'1% della popolazione mondiale e che possiamo sopravvivere solo se riusciamo ad organizzarci bene invece di continuare a farci del male, vivendo di polemiche e divisioni.

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